LA FABBRICA DEGLI STEREOTIPI
date » 05-07-2017 13:04
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LA FABBRICA DEGLI STEREOTIPI
L’avvento di internet e del digitale ci ha reso “tutti fotografi” ha permesso a tanti che prima di questa rivoluzione non sarebbero stati presi in considerazione, di sentirsi fotografi, autori di un numero inimmaginabile di immagini fruibili ovunque, una produzione inconsapevole e senza senso.
Si fotografa senza più studiare, c’è la proliferazione di una fotografia istintiva che è una sorta di analfabetismo diffuso. Impossibile scrivere bene se non conosci la grammatica!
Tutti convinti di essere creativi e fare foto speciali: nel web, nei social, nei contest, c’è sempre qualcuno che prende gli scatti delle sue vacanze troppo sul serio. Solo in una parte molto ridotta della fotografia che si vede oggi sul web si legge un progetto fotografico, un qualcosa che vale la pena di essere raccontato. Il più delle volte sembra di leggere soltanto una sorta di egocentrismo del fotografo: ho fatto una bella foto, quindi sono un bravo fotografo.
Ciò che manca oggi non è la tecnica, anzi di tecnica c’è né anche troppa, manca quanto fa della fotografia un sentimento, un valore, una necessità: il fatto di continuare a scattare senza farsi alcuna domanda non ha più niente a che vedere con la nascita e l’evoluzione della fotografia, quella fatta di luce, tempo, documento, racconto e volontà.
La quantità di immagini esistenti al giorno d’oggi è incalcolabile e la sua crescita, a causa della facilità con cui oggi ognuno di noi può scattare fotografie, è esponenziale: ma quante di queste immagini sono rilevanti? Poche!Una successione di scatti tutti, o quasi, concepiti e realizzati attraverso gli stessi identici stilemi, ormai diventati degli stereotipi talmente invasivi da risultare immediatamente riconoscibili e soffocanti. Colori gravidi e densissimi, forti contrasti, inquadrature fotocopia: parrebbe che la fotografia, soprattutto quella concepita per partecipare ai contest internazionali, non sia il prodotto di un pensiero, di uno sguardo, di un racconto, del desiderio di un autore di mettere a fuoco una storia e le vicende di esseri umani, ma semplicemente un’attività basata sulla elaborazione di immagini fondate su un concetto creativo performativo ed effettistico, dunque totalmente superficiale.
Il nostro immaginario è ormai saturo di inquadrature e soggetti che per questo diventano modelli per le nostre fotografie: è l’occhio che si abitua a certi tipi di composizione, e così, inconsapevolmente, produciamo immagini ripetitive, simili tra loro, immagini noiose.La verità è che parole come creatività, individualità, talento e originalità non si applicano facilmente in un mondo dove chiunque scatta fotografie. La fotografia ha un senso quando trova soggetti davvero originali, quando è la narrazione del mondo, la vera arte della fotocamera sta nello svelare qualcosa di nuovo, di personale, di rivelatorio.
Narrare rappresenta l’unico modo che l’essere umano possiede per far conoscere un accaduto e la via attraverso cui dare forma alla propria identità.
La narrazione non è mai il riportare fedele della realtà, in quanto la percezione di quest’ultima è soggetta all’interpretazione dell’osservatore. Ciò che è nella mia realtà è una selezione interpretativa della realtà. Non esiste una realtà universale ed un unico modo di percepirla; la realtà è relativa alla percezione che ognuno ha di essa e il suo significato è strettamente personale, sociale e culturale. Narrare rappresenta, quindi, un’operazione di consapevolezza in quanto equivale a costruire una propria visione di se stessi e del mondo: sono io come narratore che, nel momento in cui racconto qualcosa, opero una selezione, un’organizzazione del materiale disponibile.
La maggior parte dei fotoamatori pensa che la propria missione consista nel fotografare dei soggetti, ma quelli stanno lì, basta passare e fare clic. La fotografia è ben altro, è scoprire il lato oscuro del mondo, dare rappresentabilità alle emozioni, espandere l’immaginario e il sogno, e per far questo non occorre poi tanta tecnica, occorre soprattutto lavorare su se stessi, esercitarsi a pensare. Scegliere soggetto e momento, determinare consapevolmente l’emozione che l’immagine può trasmettere, dare significato alle cose. Questo è uno dei possibili approcci creativi alla fotografia, dell’uso di uno apparecchio fotografico che vada oltre alla piana documentazione. In questo modo la fotografia va ben oltre all’esercizio puramente tecnico, si propone come mezzo per penetrare al fondo delle cose, per enucleare quanto sfugge alla visione, per creare magiche sintesi del mondo. Per giungere a questa narrazione, processo attivo di produzione di senso, dobbiamo muoverci da quelle singole immagini che di per sé hanno memoria di suoni, voci, odori per avvicinarsi all’insieme delle fotografie, alla loro disposizione che genera racconti, nessi logici ed emotivi, ad un editing corretto sia nella scelta che nella sequenza che crea il movimento drammatico e narrativo.La morale è: se proprio volete scattare delle grandiose foto, non andate in crociera. Andate piuttosto in zone di guerra, o nell’appartamento dei vostri genitori.
Le fotografie:
Learning From the Nomads
Ladakh – India
© Ronald Patrick
Queste immagini si impongono subito per il loro essere “diverse” in quanto molto lontane da ciò che lo stereotipo turistico del Ladakh di norma propone. Niente colore, zero monasteri e monachelli, nessuna concessione al facile fascino dell’esotico. Il lavoro è un progetto personale sulla migrazione dei popoli, e si propone di rappresentare la migrazione in modo positivo, in quanto di norma, il termine "migrazione" è associato a sofferenza e tristezza, dimenticando che per migliaia e migliaia di anni è stata condizione normale per tutta l’umanità
CORSI FOTOGRAFICI ... WORKSHOP FOTOGRAFICI %u2026 VIAGGI FOTOGRAFICI %u2026
date » 10-07-2016 15:18
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CORSI FOTOGRAFICI ... WORKSHOP FOTOGRAFICI … VIAGGI FOTOGRAFICI …
Nelle tante giornate passate assieme ad altri fotografi abbiamo avuto avuto modo di interrogarci in merito alle tante proposte che negli ultimi anni vengono fatte alla “grande famiglia ” dei fotografi, innanzi tutto a chi le fotografie le fa per passione pura, ma anche a chi le fa, in un modo o nell’altro per lavoro. Mi permetto in queste poche righe di dare un modesto contributo per chiarire cosa sia possibile apprendere in un corso, in workshop o in un viaggio fotografico. Innanzi tutto le tre proposte sono caratterizzate da tre diverse logiche, da diverse metodologie e soluzioni “formative“ (e si, è di questo che si parla, di formazione), che hanno fini e obiettivi molto diversi.
Un CORSO FOTOGRAFICO è di norma centrato su di una serie di “lezioni frontali” che hanno l’obiettivo primario di trasferire semplicemente delle informazioni che “attengono alla materia fotografica”, storia, tecnica, composizione, stili etc etc…, ma poco interroga il partecipante in merito al reale “saper fare” fotografico. E’ una buona soluzione per il neofita, economica e rapida, ma serve più a rilevare le proprie lacune che ad aumentare le proprie capacità.
Diverso è partecipare ad un WORKSHOP FOTOGRAFICO dove l’accento è tutto posto sull'aspetto pratico, sul fare in un ambiente “protetto” dove le difficoltà da affrontare per raggiungere l’obiettivo posto siano superabili dai partecipanti. Un workshop non è un vero e proprio corso di fotografia in quanto gli allievi che vi partecipano hanno già delle sufficienti conoscenze di base, perchè hanno seguito un corso specifico o autodidatti, e sfruttano questa occasione per mettere in pratica quanto appreso e verificare il loro operato nel corso di specifici momenti d’aula e nell’analisi delle fotografie realizzate durante gli “shooting fotografici” che i partecipanti, guidati dal docente, vengono chiamati a fare durante il workshop.
Altra cosa ancora è partire per un VIAGGIO FOTOGRAFICO, più o meno lungo, accompagnati da un fotoreporter che si pone in prima persona l’obiettivo di realizzare uno o più reportage fotografici dai paesi visitati: farete un’esperienza unica ed impagabile, vi confronterete sul campo con un professionista al “lavoro”, scatterete nelle sue stesse condizioni operative confrontandovi con dei soggetti fotografici “molto originali”, sarete chiamati ad operare in prima persona, più dei colleghi che degli allievi del vostro fotografo-accompagnatore. Dovrete essere “fotograficamente autonomi” e dedicarvi alla vostra ricerca fotografica sapendo che solo a sera, forse, potrete riflettere con lui su quanto fatto in giornata e per prepararvi per il nuovo lavoro del giorno seguente. Questa scelta ovviamente comporta anche dei compromessi logistici in merito alle comodità del viaggiare, dei cambiamenti imprevedibili di programma, la necessità di condividere frammenti di vita con la gente del luogo. Sarà necessario un certo spirito d'adattamento e d'avventura, la capacità di abbandonarsi ai ritmi della realtà in cui si è ospiti alla ricerca di un’incontro vero, quel tipo di incontro di cui l’antropologo e scrittore Marco Aime parla in molti dei suoi libri. Un’esperienza meno “protetta” di un workshop, ma che può regalare una “vera” esperienza di viaggio in cui vedere aspetti normalmente negati dai viaggi “tutto compreso”.
Se poi parliamo di SPEDIZIONE FOTOGRAFICA la cosa è ancora diversa, di solito è il fotografo che accompagnerà il gruppo, di norma poche unità, che sceglie ed invita altri fotografi interessati al luogo per cui si parte. Nessuna data certa, non una proposta a catalogo di un Tour Operator, ma un programma che si realizza se incontra l’interesse di “quelle persone” che si ritiene siano veramente interessate al viaggio, non alla vacanza, e siano in grado di gestire gli imprevisti che si verificheranno. In questa situazione c’è poco tempo per briefing e lezioni sul campo, si va a fotografare! Bisogna essere “fotograficamente autonomi”, c’è la figura dell’accompagnatore, il fotografo, che ovviamente gestirà la logistica del viaggio, ma l’obbiettivo prioritario per lui, e per i suoi compagni, è quello di realizzare un degno lavoro fotografico. Se poi c’è tempo e non piove nella tenda ci sarà anche la possibilità di fare qualche ragionamento attorno alla fotografia, fatta e vista. Ovviamente dietro ad una SPEDIZIONE FOTOGRAFICA c’è sempre, ed è meglio che ci sia, la Direzione Tecnica di un Tour Operator che lascia carta bianca ad un fotografo di cui si fida.
© photo: Milena Cocco, Sonia Maggioni, Ivonne Cherubini, Luciano Caleffi, Roberto Leoni, Marco Carnovale, Antonio Porcelli, Olga Prokofjeva.
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