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LO SHOCK DEL FAMILIARE

001_7D_3858.jpgEni S.P.A. Park Petroli, Venezia 2021

IL MISTERO DEL MONDO E' IL VISIBILE NON L'INVISIBILE
Paesaggi tramontosi, gattini, modelle desnude, sono le immagini canoniche che ricorrono sui social dei photographers, poster da soggiorno e tazze ricordo. La loro funzione è semplice, non arrivano ai musei ma portano valanghe di "Like", non hanno nulla da rivelare ma sono rassicuranti. Non è facile sorprendere con una foto di un fiore, è già perfetto di suo e studiato a fondo. Se veramente volete stupire il vostro "fruitore", offritegli lo shock del "familiare" un'immagine diversa di un soggetto davanti al quale passa tutti i giorni. C'è la possibilità che non l'abbia mai visto così.

Una fotografia ha bordi, il mondo no.
Penso che i fotografi più seri comprendano che esiste un grande divario tra il mondo e come lo stesso appare attraverso una fotografia.
Stephen Shore


photo:
Eni S.P.A. Park Petroli, Venezia 2021

LA CAMERA CHIARA

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LA CAMERA CHIARA
Qualche tempo fa un fotografo, per sua ammissione alle prime armi, per spiegarmi il proprio punto di vista sul “fare fotografia” ebbe a citarmi l'immenso Roland Barthes e il famoso volumetto "La Camera Chiara". Mi fece una dotta disquisizione tra il “mi piace e non mi piace”, studium & punctum e la convinzione ferrea che il suo linguaggio fotografico avesse scientifica universalità. Ora probabilmente il nostro non aveva idea che la Camera Chiara è il testo sulla fotografia più riassunto citato, schematizzato e frainteso nel bene e nel male, e questo, di per sé, è già abbastanza ironico se si pensa all’insistenza con cui il suo autore dichiarò di volersi liberare con questo testo dall’approccio sistematico, amorfo e disincarnato, tipico del metodo scientifico. Ora io ammetto la mia ignoranza di “fotografo di provincia”: la camera chiara non è proprio un testo facile, e posso dire in tutta onestà di non averlo ancora capito a fondo dopo 40 anni di riletture! Mai lo citerei! Acquistai la prima edizione del 1980, quella con la foto di Niepce in copertina, e poi avendo prestato il volume, preso da sgomento profondo, corsi ad acquistarne una seconda copia 5 edizione 1989. Ora sono lì a portata di mano i due volumetti che, nonostante le infinite riprese, celano ancora molti segreti. Perché vi racconto questo? Per darvi un modesto consiglio: se da profani volete approcciarvi alla fotografia, che è certamente un fenomeno intimo ed inseparabile dalla sua intensità emotiva, forse varrebbe anche la pena di leggere testi più facili e che sicuramente vi daranno modo di coniugare i fondamenti emotivi con quelli del linguaggio fotografica portando il vostro fare fotografia ad un livello superiore. Ed anche di evitare di citare “ad caxxum” Roland Barthes a ogni piè sospinto. Poi se proprio volete - dovete citare l'immenso Barthes leggetevi "Frammenti di un discorso amoroso" potreste riuscire ad apprendere il lessico dell'innamorato e farne un buon uso...

Due titoli

BRIAN DILG
Perché ti piace questa foto?
La scienza della percezione applicata alla fotografia.
Gribaudo

AUGUSTO PIERONI
Leggere la fotografia.
Osservazione e analisi delle immagini fotografiche
Edizioni Edup

photo:
nella medina della città Sacra
Harar, Ethiopia 2009

DAL CAOS ALLA COMPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI VISIVI

LO SGUARDO SUL MONDO:
DAL CAOS ALLA COMPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI VISIVI


Cerco ed ho sempre cercato una rappresentazione che risultasse pulita ed interessante senza andare a tutti i costi nel sensazionalismo. Una estetica che fosse legata a contenuti e ad una composizione rigorosa per linee luci ombre piani cromatismi. Questa cosa ha portato molti miei interlocutori a definire la mia fotografia come “reportage classico” Confesso che in molte di queste occasioni mi è parso di comprendere che fosse una critica elegante per definirmi “fotografo vecchio stile”, cosa che poi non ho mai ben capito cosa implicasse! Ora certa è la mia anagrafica ed anche il fatto che io abbia imparato a fotografare studiando il lavoro dei grandi negli anni ’80 del secolo scorso. Uno su tutti Salgado, ad iniziare dai suoi reportage in Africa negli anni ’80, quello sulla Sierra Pelada del 1986... Ora una cosa è sicura: pochi di questi avrebbero il coraggio di definire Salgado “fotografo vecchio stile”, per cui mi domando che senso avesse etichettare uno stile come vecchio o nuovo! C’è la fotografia, la narrativa, il cinema, il teatro… e come si rappresentano e si apprezzano i classici dopo 2000 anni e più si dovrebbe apprezzare anche il “reportage classico” se autoriale e fatto bene. O no? Detto questo anche vero che non mi sono convertito ai paesaggioni iper tecnologici (inflazionati e possibili solo con le nuove attrezzature digitali) stelle + tramonto + notturno e tanto meno alla street photography, anche se riguardando certi miei scatti di 20 anni fa… Ora sicuro è che viviamo un’epoca in cui tutti sono fotographerssss, e per la maggior parte fotografi di paesaggi cartolina o presunti street photographer, e in cui la confusione su cosa sia la buona fotografia è massima. Visto e considerato tutto ciò se mi è permesso darei un consiglio ai molti che vorrebbero fare qualche cosa di buono e che resti nel tempo. Consiglierei di spendere un poco di tempo per studiare la lezione dei “veri” grandi fotografi di paesaggio (Adams, Brandt, Weston, Fontana, Kenna…) e dei “veri” grandi street photographer (Meyerowitz, Friedlander, Winogrand, Gilden, Webb, Gruyaert, Ben Avraham…) La street quella vera non è fatta di immagini sottoesposte di 3 stop tutte ombre e zero soggetti. Tanto per evitare di passare alla storia come street photographer “ad minchiam”…

006_MG_4280.jpg001_MG_7573.jpg006_5D_3208.jpg002_5D_0999.jpg005_MG_7818.jpg003_MG_7041.jpg012.jpgIMG_0020.JPGazalai_001.jpg011Atakpame_Togo_2000.jpgfotoPratica011.jpg

ROLLING PANDAS

ROLLING PANDAS
IL PORTALE DEI VIAGGIATORI


Oggi sono stato intervistato da Rolling Pandas (www.rollingpandas.it) , qui potete leggere la mia intervista in cui ho parlato di viaggi passioni e molto altro...

"Ho viaggiato in più di 50 nazioni in alcune continuo a ritornare da anni, decine di volte. All’inizio fa partivo alla ricerca di mondi segreti per fotografare luoghi e persone celate ai più. Poi col passare del tempo ho avuto una grande intuizione: “La foto di un soggetto eccezionale non è automaticamente una foto eccezionale!” La fotografia è sempre irrimediabilmente infedele al suo soggetto, me ne sono reso conto 25 anni fa nella valle dell’Omo River in Etiopia, fotografando le etnie che li vivono. Mi sono reso conto che stavo “rifacendo” il lavoro che Angela Fisher e Carol Beckwith avevano fatto dieci anni prima. Loro avevano documentato, in modo serio ed elegante, le etnie del Sahara, del Maghreb, del Corno d’Africa; attraverso immagini rigorose che ci illustravano quelle popolazioni presentandoci i loro gioielli, abiti, le decorazioni corporali, le acconciature delle donne e degli uomini. Che senso aveva rifare queste immagini 10 anni dopo? Non si è “Fotografi” se si riproducono le stesse immagini già scattate da altri fotografi, senza attingere dalle proprie esperienze, senza una visione personale, se non si va oltre che al semplice click!"


Leggi il resto dell'intervista

VEDIAMO QUELLO CHE CONOSCIAMO

VEDIAMO QUELLO CHE CONOSCIAMO
FOTOGRAFIAMO QUELLO CHE CONOSCIAMO

Un proverbio africano dice che lo straniero vede solo ciò che già conosce. Affermazione quanto mai vera nel caso di molti turisti-fotografi. Quante volte, nelle proiezioni di amici reduci da un viaggio in un paese “esotico”, abbiamo visto immagini di gente stracciata, vestita all'occidentale o seduta davanti alla televisione intenta a guardare onnipresenti telenovelas? Le fotografie che vediamo (e scattiamo) assomigliano molto di più a quelle viste sui cataloghi che abbiamo sfogliato prima di partire. Per dirla con Crawshaw e Urry, il turismo induce memoria e in un certo modo si appropria della memoria di altri. Così molte delle immagini che consumiamo visivamente sono in realtà il ricordo fissato nella memoria di altri che successivamente viene consumato da noi.
Marco Aime


Metropolitana e skyline a Meskel Square
Addis Ababa - Ethiopia 2019

Voie de degagement Nord a Nord Foire
Dakar - Senegal 2013

Ricevimento di Matrimonio
Addis Ababa - Etiopia 2014

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COSA STO FOTOGRAFANDO?

COSA STO FOTOGRAFANDO?
PERCHÉ STO FOTOGRAFANDO?
PER CHI STO FOTOGRAFANDO?

Se queste tre domande avessero sempre una risposta, ci sarebbero molte meno immagini ma qualche buona fotografia in più.
CitAZIONE Gabriele Chiesa


L’avvento di internet e del digitale ci ha reso “tutti fotografi” ha permesso a tanti che prima di questa rivoluzione non sarebbero stati presi in considerazione, di sentirsi fotografi, autori di un numero inimmaginabile di immagini fruibili ovunque, una produzione inconsapevole e senza senso. Si fotografa senza più studiare, c’è la proliferazione di una fotografia istintiva che è una sorta di analfabetismo diffuso. Impossibile scrivere bene se non conosci la grammatica! Nonostante tutto questo "tutti" convinti di essere creativi e fare foto speciali: nel web, nei social, nei contest, c’è sempre qualcuno che prende gli scatti delle sue vacanze troppo sul serio. Solo in una parte molto ridotta della fotografia che si vede oggi su social web & media sharing si legge un progetto fotografico, un qualcosa che vale la pena di essere raccontato. Il più delle volte sembra di leggere soltanto una sorta di egocentrismo del fotografo: ho fatto una bella foto, quindi sono un bravo fotografo. Ed ancora: l'immaginario del "fotografo" è ormai saturo di inquadrature e soggetti che diventano modelli ideali per le sue fotografie. L’occhio si abitua al cliché: quel soggetto, quella composizione, quei colori. Si viaggia alla ricerca della "location", del luogo famoso, alla ricerca del punto di ripresa più gettonato sul web, sulla guida, sulla rivista. Così, inconsapevolmente, produciamo immagini ripetitive, simili tra loro, immagini noiose.La verità è che parole come creatività, individualità, talento e originalità non si applicano facilmente in un mondo dove chiunque scatta fotografie. La fotografia ha un senso quando trova soggetti davvero originali, quando è la narrazione della "propria, individuale percezione del mondo". La vera arte della fotocamera sta nello svelare qualcosa di nuovo, di personale, di rivelatorio.

WORKSHOP A CHEFCHAOUEN

WORKSHOP A CHEFCHAOUEN
1° EDIZIONE DAL 30 ott AL 4 nov 2017

Chefchaouen è conosciuta come la città blu, tutte le case della sua medina, muri, porte, finestre strade sono colorate di questa tonalità. Situata nella valle del Rif, la regione montuosa del Marocco settentrionale, sconosciuta in europa sino agli anni cinquanta, è tuttora un gioiello nascosto al turismo di massa. Piccole piazze, viottoli lastricati, luoghi di culto e case dipinte di blu con portoni in legno intagliato e cornici di maioliche. Chefchaouen è un piccolo gioiello architettonico dichiarato Patrimonio UNESCO dal 2010. Dal 30 Ottobre al 4 Novembre a Chefchaouen si è tenuto un mio workshop di fotografia, di reportage geografico. Ora è difficile dire se chi partecipa ad un workshop o ad un viaggio fotografico impara a fotografare, difficile precisare cosa e quanto. Di sicuro i tempi scelti per questa esperienza, la presenza di altri fotografi e quella di un Master sono gli strumenti necessari per interpretare il mondo in un modo diverso, per capire il soggetto, vedere la luce, imparare a muoversi nella scena, guidati dal fotografo docente e supportati dal gruppo, ma sempre in modo personale e seguendo le proprie emozioni. Perdersi a guardare è fondamentale, scriveva Mimmo Jodice, il lavoro di gruppo porta i singoli partecipanti a confrontasi con le scelte degli altri compagni dando forma ad un viaggio che contiene tanti viaggi, quelli dei singoli partecipanti, ognuno orientato dalla propria sensibilità e dalle proprie scelte verso la ricerca dello spirito del luogo. Ricerca, preparazione, attenzione per arrivare ad un lavoro caratterizzato da coerenza, contenuti, valore estetico ed originalità: qualità che permettono di raccontare persone, luoghi ed eventi, diventando reportage. In qualsiasi caso questo workshop ha confermato che Chefchaouen è quale meta ideale per shooting molto interessanti, e qui potete ammirare il reportage realizzato a più mani dai partecipanti al workshop: Rosalinda Fedrighini, Luisa Ricci, Marco Murruzzu, Roberto Pileri, Michele Partipilo, Pierfranco Ramone. Dopo questo scontato successo, considerata la bellezza di Chefchaouen e la facilità di girare per la sua medina, ho deciso di riproporre per Marzo 2018 una nuova edizione del workshop. Vi aspetto!

VEDI QUI LA NUOVA EDIZIONE DI MARZO 2018

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LA FABBRICA DEGLI STEREOTIPI

LA FABBRICA DEGLI STEREOTIPI

L’avvento di internet e del digitale ci ha reso “tutti fotografi” ha permesso a tanti che prima di questa rivoluzione non sarebbero stati presi in considerazione, di sentirsi fotografi, autori di un numero inimmaginabile di immagini fruibili ovunque, una produzione inconsapevole e senza senso.
Si fotografa senza più studiare, c’è la proliferazione di una fotografia istintiva che è una sorta di analfabetismo diffuso. Impossibile scrivere bene se non conosci la grammatica!
Tutti convinti di essere creativi e fare foto speciali: nel web, nei social, nei contest, c’è sempre qualcuno che prende gli scatti delle sue vacanze troppo sul serio. Solo in una parte molto ridotta della fotografia che si vede oggi sul web si legge un progetto fotografico, un qualcosa che vale la pena di essere raccontato. Il più delle volte sembra di leggere soltanto una sorta di egocentrismo del fotografo: ho fatto una bella foto, quindi sono un bravo fotografo.
Ciò che manca oggi non è la tecnica, anzi di tecnica c’è né anche troppa, manca quanto fa della fotografia un sentimento, un valore, una necessità: il fatto di continuare a scattare senza farsi alcuna domanda non ha più niente a che vedere con la nascita e l’evoluzione della fotografia, quella fatta di luce, tempo, documento, racconto e volontà.
La quantità di immagini esistenti al giorno d’oggi è incalcolabile e la sua crescita, a causa della facilità con cui oggi ognuno di noi può scattare fotografie, è esponenziale: ma quante di queste immagini sono rilevanti? Poche!Una successione di scatti tutti, o quasi, concepiti e realizzati attraverso gli stessi identici stilemi, ormai diventati degli stereotipi talmente invasivi da risultare immediatamente riconoscibili e soffocanti. Colori gravidi e densissimi, forti contrasti, inquadrature fotocopia: parrebbe che la fotografia, soprattutto quella concepita per partecipare ai contest internazionali, non sia il prodotto di un pensiero, di uno sguardo, di un racconto, del desiderio di un autore di mettere a fuoco una storia e le vicende di esseri umani, ma semplicemente un’attività basata sulla elaborazione di immagini fondate su un concetto creativo performativo ed effettistico, dunque totalmente superficiale.
Il nostro immaginario è ormai saturo di inquadrature e soggetti che per questo diventano modelli per le nostre fotografie: è l’occhio che si abitua a certi tipi di composizione, e così, inconsapevolmente, produciamo immagini ripetitive, simili tra loro, immagini noiose.La verità è che parole come creatività, individualità, talento e originalità non si applicano facilmente in un mondo dove chiunque scatta fotografie. La fotografia ha un senso quando trova soggetti davvero originali, quando è la narrazione del mondo, la vera arte della fotocamera sta nello svelare qualcosa di nuovo, di personale, di rivelatorio.
Narrare rappresenta l’unico modo che l’essere umano possiede per far conoscere un accaduto e la via attraverso cui dare forma alla propria identità.
La narrazione non è mai il riportare fedele della realtà, in quanto la percezione di quest’ultima è soggetta all’interpretazione dell’osservatore. Ciò che è nella mia realtà è una selezione interpretativa della realtà. Non esiste una realtà universale ed un unico modo di percepirla; la realtà è relativa alla percezione che ognuno ha di essa e il suo significato è strettamente personale, sociale e culturale. Narrare rappresenta, quindi, un’operazione di consapevolezza in quanto equivale a costruire una propria visione di se stessi e del mondo: sono io come narratore che, nel momento in cui racconto qualcosa, opero una selezione, un’organizzazione del materiale disponibile.
La maggior parte dei fotoamatori pensa che la propria missione consista nel fotografare dei soggetti, ma quelli stanno lì, basta passare e fare clic. La fotografia è ben altro, è scoprire il lato oscuro del mondo, dare rappresentabilità alle emozioni, espandere l’immaginario e il sogno, e per far questo non occorre poi tanta tecnica, occorre soprattutto lavorare su se stessi, esercitarsi a pensare. Scegliere soggetto e momento, determinare consapevolmente l’emozione che l’immagine può trasmettere, dare significato alle cose. Questo è uno dei possibili approcci creativi alla fotografia, dell’uso di uno apparecchio fotografico che vada oltre alla piana documentazione. In questo modo la fotografia va ben oltre all’esercizio puramente tecnico, si propone come mezzo per penetrare al fondo delle cose, per enucleare quanto sfugge alla visione, per creare magiche sintesi del mondo. Per giungere a questa narrazione, processo attivo di produzione di senso, dobbiamo muoverci da quelle singole immagini che di per sé hanno memoria di suoni, voci, odori per avvicinarsi all’insieme delle fotografie, alla loro disposizione che genera racconti, nessi logici ed emotivi, ad un editing corretto sia nella scelta che nella sequenza che crea il movimento drammatico e narrativo.La morale è: se proprio volete scattare delle grandiose foto, non andate in crociera. Andate piuttosto in zone di guerra, o nell’appartamento dei vostri genitori.

Le fotografie:
Learning From the Nomads
Ladakh – India
© Ronald Patrick
Queste immagini si impongono subito per il loro essere “diverse” in quanto molto lontane da ciò che lo stereotipo turistico del Ladakh di norma propone. Niente colore, zero monasteri e monachelli, nessuna concessione al facile fascino dell’esotico. Il lavoro è un progetto personale sulla migrazione dei popoli, e si propone di rappresentare la migrazione in modo positivo, in quanto di norma, il termine "migrazione" è associato a sofferenza e tristezza, dimenticando che per migliaia e migliaia di anni è stata condizione normale per tutta l’umanità

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TUTTI I TRUCCHI PER FOTO DA VERO PROFESSIONISTA

TUTTI I TRUCCHI PER FOTO DA VERO PROFESSIONISTA

Questo workshop è il distillato della nostra esperienza fotografica. Racchiusi in questo workshop troverai tutti i segreti, i trucchi e le indicazioni che molti non conoscono e che potrebbero dare quel tocco in più alle vostre immagini………

Ecco mi capita a volte di leggere cose come questa sopra: deprimente! Eppure se ci sono manuali, proposte per workshop & corsi, tutorial e quant’altro in cui si citano regole, trucchi e segreti per fotografare meglio vuol ben dire che c'è chi fa fede a questo tipo di "proposta". Facciamo un poco d’ordine, con l’aiuto di un vocabolario!

• con il termine regola si intende una norma prestabilita, per lo più codificata e coordinata con altre in un sistema organico.
• Segreto è ciò che viene tenuto da parte rispetto al pubblico, separato e nascosto agli occhi altrui, senza essere rivelato, senza essere condiviso.
• Si intende per trucco un espediente, artificio, inganno che altera l'aspetto delle cose e fa vedere quello che non c'è.

Ora per quanto attiene la fotografia possiamo dire senza dubbio alcuno che non esistono ne regole ne trucchi & segreti, ma due fondamentali aspetti che sono

IL PRESUPPOSTO TECNICO
DA AFFRONTARE PER LIBERARSENE IMMEDIATAMENTE

Devi conoscere perfettamente il mezzo che hai in mano (macchina fotografica & Co). Dovi conoscere perfettamente cosa stai utilizzando e soprattutto i tuoi limiti e quelli della tua attrezzatura. Ma non solo, devi avere chiara conoscenza della tecnica fotografica di base necessaria a realizzare le “tue immagini” Mi spiego meglio citando Mario Giacomelli: è uno dei fotografi italiani più conosciuti nel mondo, primo degli autori italiani ad essere presentato in mostra al Museum of Modern Art di New York nel 1964
Qui le immagini di Mario Giacomelli
“Io non so cosa hanno gli altri. Io ho una macchina che ho fatto fabbricare, una cosa tutta legata con lo scotch, che perde i pezzi. Io non sono un amante di queste cose. Ho questa da quando ho iniziato, sempre la stessa. Ho smontato un'altra macchina di un amico mio, togliendo tutte le cose inutili. Per me l'importante è che ci sia la distanza e -- cosa c'è d'altro? “

Una “buona” foto con una forte espressività, anche se ha infiniti difetti tecnici e compositivi, può funzionare. Detto questo però non illuderti pensando che:
• tanto la ritocco dopo
• tanto la inquadro meglio in fase di ritocco
• tanto questo lo aggiungo/tolgo dopo

Pensare che tutto si aggiusta dopo, in post produzione, funziona raramente: una foto sbagliata in ripresa, rimane una foto sbaglia e ritoccata. Incidilo sulla tua fotocamera. Avere una buona familiarità con la tua attrezzatura e conoscere i comandi “utili per la tua fotografia” e la loro disposizione, permette di velocizzare la fase di impostazione della fotocamera e ti consente di essere pronto a scattare in minor tempo.

LA CONOSCENZA DEL LINGUAGGIO FOTOGRAFICO
I CONCETTI FONDAMENTALI DELLA COMUNICAZIONE ED IN PARTICOLARE DELLA COMUNICAZIONE VISIVA.

Come in ogni forma di scrittura quello che più conta è il contenuto ed il modo con cui esso viene esposto. Conoscere il linguaggio fotografico non significa soltanto essere al corrente di informazioni tecniche pratiche. Più importante è conoscere gli elementi caratterizzanti un’immagine. Devi essere in grado di fare “ordine nel caos del mondo”: in una frazione di secondo operare scelte consapevoli e soggettive, pensare agli elementi dell’immagine e mettere in atto delle scelte consapevoli. Per questo prima di tutto impara a leggere le immagini degli altri, per poter applicare poi tali scelte operative alle tue immagini. Un suggerimento utile: se conosci i meccanismi fondamentali della scrittura, della comunicazione verbale, potrai meglio approfondire la conoscenza del linguaggio fotografico. Un libro non facile, ma utile, per imparare come funzionano le immagine 'Arte e percezione visiva' di Rudolf Arnheim (GG.Feltrinelli Editore).

L’avvento della fotografia digitale ha indubbiamente portato con se nuove incredibili possibilità, purtroppo questo si è tradotto per lo più con un approccio facile, non verso una ricerca di standard alti, ma verso la produzione di massa di immagini banali e istintive. La risultante è che con il digitale “siamo tutti fotografi”, una massa di fotografi per lo più afflitti da una sorta di “ignoranza fotografica”: si fotografa senza più studiare. Non puoi scrivere se non conosci la grammatica. Non puoi fotografare se non conosci il linguaggio fotografico.

Inoltre questo proliferare di “fotografi istintivi” (l’ho visto, mi piace, scatto), evidenzia un altro aspetto legato non alle conoscenze tecnico – linguistiche, ma ad aspetti più personali, ai motivi per cui si fotografa. La gran parte dei “fotografi” opera senza porsi il problema dall’idea, del progetto fotografico: continua a scattare senza farsi alcuna domanda, senza interrogarsi sul cosa, il come ed il perché. Quello che manca è l’intento di comunicare, con logica e chiarezza, l’idea scelta dal fotografo, attraverso un complesso coerente di immagini fotografiche finalizzate a esprimere la propria idea.

Non più “fotografare” per raccontare la propria visione delle cose, manifestando i propri sentimenti, la propria istanza, ma la sterile ricerca di consenso “on line”, per la condivisione degli “I Like”.

Vuoi altre informazioni in merito? Scrivimi, per saperne di più spensotti@alice.it


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SIAMO TUTTI FOTOGRAFI!!!!!!!

SIAMO TUTTI FOTOGRAFI!!!!!!!

Sempre più spesso mi chiedo ......... ma perchè i social web pullulano di sedicenti "photographers" che in punta di fioretto e con furore polemico disquisiscono selvaggiamente a proposito di fotografia, estetica, analisi critica, linguaggio e quant'altro senza avere un misero portfolio da mostrare, uno straccio di curricula a supporto della millantata competenza, un minimo background certo di esperienze???? Effetto Bar Sport?
Oggi viviamo nell’era del world wide web, della condivisione istantanea, dei like. Nonostante tutti gli enormi vantaggi in ordine di diffusione dei lavori fotografici mi viene da pensare che l’operato della maggior parte dei “photographers” è contrassegnato da una certa inconcludenza: pubblicare qualche foto su blog, o su social network per qualche “Like”. Se poi i Like sono centinaia, ecco, è nata una nuova stella del firmamento Fotografico! Ma è veramente così che si diventa “Fotografi”? Forse no!
Una diversa opzione: fare Fotografia per esplorare il mondo e la cultura, esplorare lo strumento scelto, esplorare se stessi. Fare Fotografia per comunicare – mediante il linguaggio dello strumento – una percezione, un’osservazione, una comprensione, uno stato mentale o emozionale. Fare Fotografia per rispondere – o tentare di rispondere – a domande. Fare Fotografia per divertimento, si, ma con l’obiettivo di rispondere a necessità o richieste di natura personale. Poi chi fotografa può decidere di farlo per guadagnare, professione, o molto più semplicemente per “sviluppare il proprio senso personale”. Trovare la propria voce può benissimo diventare l’obiettivo: saper “esprimere se stessi”.
Di sicuro la differenza tra chi fotografa per Passione e chi per Profitto è che il secondo ha piena conoscenza del mondo della fotografia professionale. Un professionista, appunto, che produce fotografie con la consapevolezza che la sua immagine, intesa come prodotto fotografico, andrà poi utilizzata, ad esempio, in un libro o pubblicata su di una rivista o ancora esposta in contesto museale ed espositivo. Per fare questo deve conoscere i processi di stampa, tipi di carta e selezione colori, macchine da stampa offset, piuttosto che rotocalco, che si stampi a quattro o a sei colori, che si abbia in mente la quadricromia o la tinta piatta Pantone. Ma anche sa fare un preventivo, relazionarsi con i clienti, realizzare un progetto fotografico, e si fa pagare un prezzo equo e non al ribasso per il suo lavoro, di sicuro non regala le proprie immagini per avere un opuscolo con una propria fotografia. La reflex da 3000 euro non fa il Fotografo, come l’avere un cacciavite non fa l’Elettricista! Ed in ogni caso ricordatevi che non è il caso di parlare di arte per qualche centinaia di Like: l’ Amministativo che scrive lettere contratto è un professionista, non uno Autore!
E ancora: essere bravi e capaci di buoni progetti fotografici non comporta per forza il diventare qualcuno, tanto piu' di questi tempi grami per la fotografia. L'aspetto della celebrità o pseudo celebrità ha molto piu' a che fare con le proprie strategie di promozione, i contatti che si sanno attivare, spesso anche la personale capacità di insistenza con tra le mani un buon lavoro..... e a volte anche un po' di fortuna....

SIAMO TUTTI FOTOGRAFI!!!!!!!
Si tutti fotografi, tanti photografer in rete .....poi la mattina tutti in fonderia .....

VABBE’ CHE RAGIONAMENTO È? MA QUINDI DIMMI, SPIEGAMI PERCHÉ NON SONO UN FOTOGRAFO? QUALI SONO I PARAMETRI CHE TU USI PER AFFERMARE CHE UNO E’ UN FOTOGRAFO, UN BRAVO FOTOGRAFO, CHE UNA FOTO È GIUSTA O SBAGLIATA?
E’ il digitale baby, facile gratis rapido e vai di sharing: con la vecchia cara e bastarda pellicola nulla è possibile se .......... se sei "fotograficamente" un cane Lol

GIÀ SENTITA QUESTA: PER ESSERE OPERA D'ARTE , CONDIZIONE INDISPENSABILE È CHE SIA UNA PRATICA DI DIFFICILE REALIZZAZIONE. CONCETTO OTTOCENTESCO DURO A MORIRE. VECCHIO DISCORSO
Ma ……. mi sa che non ti è chiaro il concetto: “cosa è fotografia”. E non scomodiamo il concetto di arte please

QUESTO PROPRIO NON LO SO. SONO CURIOSO, DIMMELO TU PER FAVORE: CHE COSA È LA FOTOGRAFIA?
Studia: centinaia di volumi di immagini e testi sulla fotografia. Creati un gusto estetico: musica pittura letteratura cinema tutto quanto può aiutarti. Poniti un obbiettivo: cercare di comunicare i tuoi sentimenti le tue emozioni agli altri, vivi e fotografa solo quello che vivi e comprendi a fondo. La fotografia è un incontro riuscito tra il fotografo ed un altra persona, un paesaggio un ..... qualsiasi cosa di cui si sia compresa l’intima essenza. La fotografia è una possibile via per la percezione dell’Io e del mondo che ci circonda. La fotografia in ogni caso spesso ci dice poco del referente, quello che si fotografa, ma molto del suo autore. Consiglio: prendetevi sul serio. Non pensate all'arte ed iniziate dal divorare immagini, di Fotografi, quelli bravi bravi, e continuate col parlare di Fotografia con chi ha idee chiare, chiare chiare, sulla fotografia. Comunque non scomodate l’arte ogni volta che fate klic. È arte la fotografia? Quien sabe? Chi lo sa e chi se ne importa? Mi piace! frase di Edward Weston, non proprio uno qualunque. Ecco iniziate da lui, testi e immagini chissà mai che ...... dopo qualche anno ..... avrete chiaro il concetto.

TROPPO FACILE COSÌ NON HAI SPIEGATO COS'E UNA FOTO SBAGLIATA, NEMMENO MI ELENCHI LE REGOLE MINIME PER INIZIARE: FOTO MOSSA, SOGGETTO NON A FUOCO, ESPOSIZIONE SBAGLIATA. PER NON PARLARE DELLA REGOLA DEI TERZI, DELLA SEZIONE AUREA E COSÌ VIA. NESSUNO È NATO SAPENDO FOTOGRAFARE, DA DOVE SI INIZIA?
C'è chi non ha studiato e bum subito riesce a fare cose "non disgustose". Predisposizione e forma mentis. Ma prima di riuscire a realizzare una cosa “fotograficamente” degna, anche questo fortunello deve dedicare anni allo studio. Comunque sia, dopo questo primo traguardo, anche per lui non è ancora tutto chiaro. Non è questione di tecnica quella viene dopo. Non problema di “regole” quelle praticamente non esistono. È questione di sensibilità e capacità di vedere il Mondo. Attenzione ho detto Vedere perché a guardare tutti son capaci.
Ma pochi “vedono”.


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