Dakar is one of the capitals of the African fashion. Addis Ababa, Lagos, Dakar, Accra, Bamako, Johannesburg, Cape town, in each of them about ten and ten fashion show every year, small brand and brand known round the world, and inevitable the Fashion Week recalls creative and models of African origin from the whole world. Adama Ndiaye Amanda is the Senegalese stylist, born in Kinshasa, that has "created" the Fashion Week of Dakar. With the art name Adama Paris, its brand, is known in New York, Tokyo, London and Paris. Its suits are built in Morocco, and they are purchased by a world clientele, she has left a banking career in Europe to pursue the dream of her "maison de couture" and the success arrived. The Fashion Week of Dakar every year recalls about thirty fashion designer from Africa, spectators coming from the whole world. She always organizes the Black Fashion Week of Praga, and of Bahia. But the appointments for the African fashion are also repeated every year to London, Toronto, NY, Paris and Los Angeles. The models are not still famous to international level, but they are trying to impose. A lot of of them are discovered in these fashion show as Feuza Diouf and Amy Faye that now they unthread in Paris and New York. The dream of all is to become the new Naomi Campbell or the Sudanese Alex Wek. It is the revenge of Africa. The influence of Africa on the western stylists is evident for the whole XX century, up to the definitive consecration to begin of the XXI century. In the years '20 and '30 of the last century before Picasso and his passion for the primitive art, then the French stylists exploit the colonial era to decorate their suits of fabrics and jewels sudanesi or moroccan. The full celebration of the Afica happens in 1967 with the unforgettable collection of African pieces by Yves Saint-Laurent. They will follow the African creations by Christian Dior (inspire to the black art) and Todd Oldham, and the experiences of John Galliano with his evening suit “Kitu” enriched by a pearly bust (typical of the Dinka ethnicity from Sudan) and by the sophisticated parures of the Masais (Kenya). The stylistic meeting of the two worlds offers its best results with the show promoted in 2005 by Roberto Cavalli to the institute of fashion of the Metropolitan Museum - New York and with the collection of female fashion by Jean-Paul Gautier in 2004. Today the panorama is changed, the increasing number of African stylists able to access the world market of the fashion, is such that the influence of the continent evolves under new stylistic forms and in new places. They will be themselves, the African stylists, to do the African inspiration fashion.
Dakar è una delle capitali della moda Africana. Addis Ababa, Lagos, Dakar, Acra, Bamako, Johannesburg, Cape town, in ognuna di esse decine e decine di defile ogni anno, piccole maison e marchi conosciuti nel mondo, e immancabile la Fashion Week che richiama creative e modelle di origine africana da tutto il mondo. Adama Ndiaye Amanda è la stilista senegalese, nata a Kinshasa, che ha “creato” la Fashion Week” di Dakar. Con il nome d’arte di Adama Paris, il suo brand, è conosciuta nell’ambiente della moda di New York, Tokyo, Londra e Parigi. I suoi abiti sono fabbricati in Marocco, e sono acquistati da una clientela mondiale, sia occidentale che dalla diaspora africana. Ha lasciato una carriera bancaria in Europa per Inseguire il sogno di una “maison de couture” tutta sua ed ha fatto centro. Ora la Fashion Week di Dakar richiama una trentina di designer provenienti da nove paesi in Africa e in Asia, spettatori provenienti da tutto il mondo. Sempre lei organizza le Black Fashion Week di Praga, e di Bahia. Ma gli appuntamenti per la moda africana si ripetono ogni anno anche a Londra, Toronto, NY, Parigi e Los Angeles. Ma Adama Paris non è sola, con lei Duro Olowu, Jewel by Lisa, Black Coffee, Eric Raisina, Mame Faguèye Ba, Bull Doff, Maimour, Rafi, Tamacali, Jnet, loro già famosi e celebrati, e molti molti altri giovani che si affacciano al mondo della moda come un fiume in piena di creatività. Nuove etichette indipendenti e giovani stilisti puntano a conquistare le capitali della moda. Passerelle colorate che pescano dalla tradizione etnica africana di colori e le fantasie, ma che nelle linee e nelle lunghezze ricordano la moda occidentale. Colori accesi, tipici caftani, stoffe del Senegal, accessori fatti di perline e semi, “sottolineati” in passerella dal suono di tamburi e dalle armonie tribali. Eleganti e colorate le ragazze africane sfiorano la passerella con la loro grazia, i tessuti leggeri seguono ogni minimo movimento del corpo, enfatizzando il portamento regale e seducente. Proposte audace di maliziosi microabiti e tacchi vertiginosi, indossati da vertiginose modelle rigorosamente black, tutte che sognano l’ingaggio dalle agenzie di modelle in Europa. Immagini di pura emozione, forza e raffinatezza di colore, suoni, ritmi. Un’esplosione di segni, colore e forme, primordiali, espressione profonda della cultura ancestrale africana ma con uno sguardo al primo mondo, vestiti dal carattere moderno e al tempo stesso tradizionali. Le modelle non sono ancora note a livello internazionale, ma stanno cercando di imporsi. Molte di loro vengono scoperte in queste sfilate, come Feuza Diouf e Amy Faye che adesso sfilano a Parigi e New York. Il sogno di tutte è diventare la nuova Naomi Campbell o Alex Wek, che è nata in Sudan”. L'economia gioca un ruolo rilevante in questo interesse per la moda. Alcune delle economie a più rapida crescita del mondo sono in Africa, c'è una vasta classe media in crescita che inizia a disporre di soldi da spendere in beni di lusso. E con un mondo sempre più connesso grazie agli smartphone e a Internet, stilisti e modelle si vanno affermando. Sono pronti. E’ forse la rivincita dell’Africa. L’influenza dell’Africa sugli stilisti occidentali è evidente per tutto il XX secolo, fino alla consacrazione definitiva in questo inizio di XXI secolo. Le prime scoperte risalgono agli anni Venti e Trenta del Novecento: seguendo il passo di Picasso e la sua passione per l’arte primitiva, gli stilisti francesi Rodier , Agnès e Paul Poiret sfruttano l’era coloniale per adornare i loro vestiti di tessuti e gioielli sudanesi o marocchini. La svolta avviene nel 1967 con l’indimenticabile collezione di pezzi africani targati Yves Saint-Laurent . Seguiranno le sfilate di Christian Dior (“ispirate all’arte negra”) e di Todd Oldham per poi approdare alle esperienze di John Galliano e al suo abito da sera Kitu arricchito da un busto perlato (tipico dell’etnia sudanese Dinka) e dalle parure sofisticate dei Masai (Kenya). Di fronte a tanta ricchezza, gli stilisti italiani non risparmiano i loro sforzi: Armani , Dolce & Gabbana e Miuccia Prada (che mescola piume di uccelli esotici e stile rasta) si avventano nella fusione moderna delle culture. L’incontro stilistico dei due mondi offre i suoi risultati migliori con la mostra promossa nel 2005 da Roberto Cavalli all’istituto di moda del Metropolitan Museum a New York e con la collezione alta moda femminile presentata nel 2004 da Jean-Paul Gautier. Ma oggi il panorama cambia, il numero crescente di stilisti africani in grado di accedere al mercato mondiale della moda, fa pensare che l’influenza del continente evolverà sotto nuove forme stilistiche e in nuovi luoghi. Saranno loro stessi, gli stilisti africani, a fare la "Vera Moda" di ispirazione africana.
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